Risposta dott. Marfella
Egr. dott. Marfella, abbiamo letto con molto interesse, ed un certo dispiacere, il suo articolo sul
Corriere del mezzogiorno, in cui Lei rivela la sua personale, legittima decisione di sottoporsi
ad intervento di prostatectomia robotica presso l’Istituto Europeo Oncologico di Milano. Mi
preme innanzitutto augurarle una pronta e completa guarigione dalla sua malattia. Per
fortuna l’Urologia ha fatto negli ultimi decenni passi da gigante nel trattamento del tumore
della prostata tanto da farci ben sperare per lei e per tutti i pazienti colpiti dal suo stesso
male. Pur condividendoparte delle sue perplessità per un sistema sanitario regionale
perfettibile, che soffre di una grave carenza di personale, soprattutto paramedico, non
possiamo esimerci dal colmare alcune lacune informative che traspaiono dalla sua intervista.
Nella città di Napoli sono oggi pienamente operative ben 5 unità di chirurgia robotica,
precisamente presso l’ospedale Cardarelli, Monaldi, Pascale e Policlinico Federico II, oltre a
quella più recentemente inaugurata presso l’ospedale del Mare. È indubbio che tali unità
abbiano cominciato la loro attività alcuni anni dopo rispetto ad alcuni centri lombardi, i quali
vantano ad oggi una più ampia casistica, ma è anche vero negli ospedali napoletani sono già
stateeseguite svariate centinaia di procedure di prostatectomia radicale robotica, che va
considerata un intervento assolutamente routinario anche alle nostre latitudini.
Se questo non bastasse a rivendicareper la Campania un consolidato expertise in chirurgia
prostatica robotica, La prego di considerare altri segni concreti e tangibili dell’attività di
formazione e ricerca svolta nella nostra regione in questo innovativo campo della medicina: a)
presso l’Università Federico II di Napoli è stato due anni fa attivato il centro ICAROS, centro di
ricerca in chirurgia robotica unico nel suo genere per la molteplice tipologia, oltre che per il
riconosciuto prestigio internazionale, di scienziati e professionisti convolti: medici chirurghi,
ingegneri e fisici; b) sempre presso lo stesso ateneo è attivo, unico in Italia, un Master
Universitario in strumentazione chirurgica mininvasiva e robotica; c) presso l’ospedale
Cardarelli è attivo da tempo il centro Rain, per la formazione in chirurgica robotica su
simulatore e modello animale. Sono poche, dott. Marfella, le realtà che possono vantare
maggiori investimenti, in termini di risorse umane, intellettuali ed economiche, nel campo del
trattamento robotico del tumore della prostata, e ci riferiamo non solo alle realtà italiane, ma
anche a quelle europee o americane. Ah, giàl’Americaè forse il caso di tornare alle “linee
guida” del MemorialSloanKettering Center da lei invocate a sostegno della sua decisione di
operarsi fuori regione, come se con questa scelta Lei non facesse altro che aderire a
malincuore a delle linee guida“oggettive”. Gli stessi colleghi dello SloanKetteringci mettono in
guardia dall’interpretare le 250 procedure eseguite come “requisito minimo” di qualità,
essendo tale numero assolutamente arbitrario. Per la chirurgia robotica, come per qualunque
procedura chirurgica, maturare un’elevata casistica è importante a ridurre le complicanze, ed
è indubbio che nei tanti centri statunitensi che eseguono appena 10 interventi l’anno gli
standard qualitativi raggiunti siano inferiori rispetto a quelli di centri di riferimento
nazionale. Ma queste considerazioni valgono molto poco se rapportate alla realtà italiana,
dove nessun centro che operi meno di un centinaio di pazienti l’anno potrebbe mai
“mantenere” un robot.
L’America è l’America dott. Marfella, e la sanità americana, essenzialmente privata, segue altre
regole, legate soprattutto al mercato ed alla competizione economica tra i diversi centri. Per
fortuna l’Europa e l’Italia sanno scrivere da se le loro linee guida e nessuna di questa ha mai
obbligato lei o altri pazienti campani a fare le valige e lasciare Napoli. Nell’augurarle ancora
una volta di guarire presto dalla sua neoplasia nelle sapienti mani dei colleghi dello IEO, la
preghiamo di non invocare inesistenti “linee guida” a sostegno dell’esterofila tendenza del
popolo campano, che spesso ritiene a torto di poter trovare di meglio e di più quanto più si
allontana da casa. Tendenza spesso corroborata dalla disinformata e disinformante opinione
di Colleghi come Lei che arrivano a trasformare in linee guida le loro personali opinioni.
DOTT.ANIELLO ROSARIO ZITO
PRESIDENTE SOCIETA’CAMPANA UROLOGIA
Condivido pienamente le opinioni del dott Zito; a questo bisognerebbe aggiungere che oggi una eccessiva numerosità di Prostatectomie
radicali potrebbe anche nascondere l'arruolamento di pazienti con malattia di basso rischio che potrebbero meglio essere seguiti
in Sorveglianza Attiva. Il numero di 250 interventi a cui fà riferimento Marfella è totalmente arbitrario.
Vorrei ricordare a tutti che nelle recenti riunioni del TMD, che hanno coinvolto le Principali Associazioni Urologiche Nazionali,
nonchè quelle di Oncologia Medica, di Radioterapia, di Anatomia Patologica, volte alla organizzazione delle Prostate
Cancer Unit è stato definito un numero minimo di 100 diagnosi/anno, 50 procedure chirurgiche/anno, 50 radioterapie.
Linee Guida avulse dal contesto clinico-organizzativo nel quale vengono applicate sono inutili e persino fuorvianti.
Marfella farebbe bene ad informarsi prima di fare dichiarazioni "urbi et orbi".
Dr Roberto Sanseverino
Direttore UOC Urologia Ospedale Umberto I, Nocera
Direttore Dipartimento Chirurgia-Urologia ASL Salerno